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Le minoranze tagliate della Calabria Gli Arbereshe
Perchè è fallita la legge 482/1999. Possibili strategie di uscita dell'empasse per le minoranze linguistiche interne. Di Nicola Bavasso, con il contributo di Francesco Altimari e Mario Brunetti. Quella arbëreshe è sicuramente tra le più diffuse minoranze linguistiche del nostro Paese, ma al pari delle altre minoranze interne soffre di una pesante diseguaglianza rispetto alle iper-tutelate minoranze di confine, risultando ancora tra quelle “tagliate” se consideriamo la non applicazione di quei diritti che le vengono formalmente riconosciuti, dalla Costituzione repubblicana da più di 70 anni e dalla legge nazionale di tutela delle minoranze linguistiche storiche da oltre un ventennio. Ma questo avviene solo sulla carta. In questo lavoro, che scandisce vent’anni battaglie, di progetti e di iniziative istituzionali, in ambito nazionale e regionale, l’autore evidenzia le cause del fallimento in Calabria della legge nazionale 482/99, anche a causa di questa ormai intollerabile disparità di trattamento “politico”, evidenziata chiaramente anche dalla scandalosa e discriminante ripartizione di risorse tra le minoranze del nostro Paese da parte dei diversi organi dello Stato. Per ciò che attiene alla tutela delle minoranze linguistiche si assiste quindi ad un’altra pagina della irrisolta questione meridionale, a cui si è aggiunto oggi il pericoloso tentativo in atto di destrutturazione dello Stato centrale a causa della pesante pressione esercitata dalle forze centrifughe delle aree forti del Nord che spingono per dare una ulteriore spallata al sistema unitario statale, anche attraverso la cosiddetta autonomia regionale differenziata, che farebbe svanire le ultime speranze di difesa delle comunità minoritarie. La responsabilità di ciò è purtroppo anche delle classi politiche meridionali che hanno supinamente accettato un vero e proprio stillicidio di azioni che hanno spogliato il Mezzogiorno da ogni possibilità di interventi strutturali che potevano farlo uscire dalla sua crisi. Non vanno però dimenticate anche le responsabilità delle classi dirigenti locali, per le quali non si è mai posta come centrale la questione del rispetto dei diritti sinora “tagliati” e garantiti solo formalmente alle minoranze interne. Tutelare e promuovere la lingua e la cultura delle minoranze linguistiche nella scuola, nel servizio pubblico radio-televisivo, nella pubblica amministrazione non ha mai rappresentato per i nostri enti locali un valore primario, una risorsa importante per rilanciare anche economicamente le nostre comunità, dislocate spesso nelle aree più emarginate e disagiate della debole realtà meridionale, che hanno subito più di altre le deleterie conseguenze di una politica che nella logica dei processi di globalizzazione economica le ha ulteriormente impoverite e desertificate. Nel libro non c’è solo però la descrizione di questa crisi che rischia di cancellare definitivamente le lingue e le culture minoritarie del Meridione, ma vengono anche indicate interessanti possibili strategie di uscita dall’empasse attuale, a partire dalle minoranze linguistiche arbëreshe, grecanica ed occitana di Calabria